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Tradurre la letteratura concentrazionaria. Gli editori italiani e una memoria europea della Shoah (1947-1985)

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Tradurre la letteratura concentrazionaria

in «Ri.Tra | Rivista di traduzione. Teorie pratiche storie», 1, 2023, doi 10.13135/2975-0873/8320

Tradurre letteratura concentrazionaria, così come pubblicare qualsiasi altro libro, significa per una casa editrice prendere posizione nel campo editoriale e in quello socio-culturale. L’articolo, basato sulla teoria dei campi di Bourdieu e su materiale d’archivio, analizza le strategie di diversi editori italiani nel secondo dopoguerra. Einaudi e Feltrinelli, spesso in concorrenza fra loro, ridefiniscono la memorialistica dei campi di concentramento sulla base dei posizionamenti dei loro redattori, rispecchiando un panorama sociale in evoluzione. Più tardi Adelphi introduce dimensioni esistenziali e antistoriciste, rimodellando la memoria dell’Olocausto, mentre Giuntina assume La notte di Elie Wiesel a rappresentare la propria identità editoriale. In anni in cui questa letteratura incontra diffidenza nella maggior parte degli ambienti politici e intellettuali, mediatori come Luigi Meneghello e Roberto Bazlen hanno un ruolo centrale nel legittimarla. Sul lungo periodo essa si rivelerà uno strumento molto efficace nel definire la memoria collettiva dell’Olocausto.

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