Recensione a Mara Conti, *Il libro scolastico in Italia. Dalla ricostruzione all’era digitale*, Editrice Bibliografica, Milano, 2020

M. Conti, Il libro scolastico in Italia. Dalla ricostruzione all’era digitale, Editrice Bibliografica, Milano, 2020

M. Conti, Il libro scolastico in Italia. Dalla ricostruzione all’era digitale, Editrice Bibliografica, Milano, 2020, in D. Coppola (a cura di), Educazione linguistica e insegnamento, in «Lend. Lingua e nuova didattica», vol. 3, p. 86-88, ISSN: 1121-5291in D. Coppola (a cura di), Educazione linguistica e insegnamento, in «Lend. Lingua e nuova didattica», vol. 3, p. 86-88, ISSN: 1121-5291, recensione in rivista

Il libro scolastico in Italia rappresenta uno dei primi coraggiosi tentativi di ricostruire una storia dell’editoria scolastica italiana del secondo Novecento.

Se il libro scolastico è, infatti, da più parti riconosciuto quale «veicolo di trasmissione e di acquisizione di informazioni, idee, cultura e valori», secondo la definizione dell’Associazione italiana editori, questo importante riconoscimento non ha un riscontro reale nell’orizzonte di studi inerenti al mondo dell’editoria, dove si registra un sottile ma consistente squilibrio tra l’interesse accordato all’editoria di varia e quello ben più contenuto per l’editoria scolastica. Mara Conti tenta un capovolgimento del piano gerarchico degli studi editoriali, approfondendo riflessioni didattiche in relazione alle caratteristiche e alle specificità critiche, giuridiche ed economiche del mercato e della scuola in Italia.

L’impostazione teorica tradisce una precisa organizzazione per priorità analitiche. Nel I capitolo, un ruolo importante giocano i processi economico-produttivi che vengono analizzati singolarmente, individuando di volta in volta le implicazioni e i contributi che offrono alla realizzazione dei prodotti editoriali. Nell’ambito della produzione si individuano i primi elementi distintivi dell’editoria scolastica che presenta una suddivisione del lavoro creativo più stratificata e composita: aspetto che ha trovato un suo ulteriore e naturale allargamento con l’ingresso del digitale e la riorganizzazione dei manuali in funzione delle nuove metodologie di insegnamento. Alla specificità della produzione corrisponde una precisa modalità promozionale. Un unicum nel panorama editoriale è senz’altro la ripartizione dei ruoli del pubblico di un editore scolastico: il docente, in accordo con il collegio del proprio istituto, si configura come “decisore”, mentre gli studenti sono “fruitori” ma non “acquirenti”, che, come è evidente, sono rappresentati dai genitori o da chiunque proceda all’acquisto effettivo. Una simile composizione del pubblico ha un’influenza diretta sulla fase promozionale, a cui le case editrici accordano, per necessità, un particolare rilievo. La centralità di questa fase è confermata dalle stringenti tempistiche che ricalcano precisi momenti dell’anno scolastico, con ripercussioni anche sulla distribuzione. Quest’ultima, che in passato si presentava lineare e accentrata, ha conosciuto a sua volta, negli ultimi decenni, un certo grado di diversificazione e riorganizzazione a causa dell’ingresso di nuovi fondamentali operatori nel mercato editoriale, come le librerie online o le librerie ibride, che si distinguono per la loro offerta tra il nuovo e l’usato.

La precisa definizione del microcosmo operativo di una casa editrice di scolastica si offre come la prospettiva teorica in cui Mara Conti colloca, nella seconda parte del suo studio, una ricostruzione storico-sociologica di quell’inscindibile e spesso contraddittorio rapporto tra società, scuola ed editoria italiana dal fascismo all’«era digitale».

Il II capitolo restituisce con accuratezza le difficoltà che risultano dal tentativo di un’interpretazione univoca della relazione tra istituzioni e realtà scolastica. Partendo da uno dei momenti di massima ingerenza dello Stato nel mercato editoriale, l’istituzione del libro unico nel 1930 da parte del governo fascista, Mara Conti arriva a descrivere la sostanziale confusione decisionale del dopoguerra. La difficoltà di transizione della scuola italiana dalla dittatura fascista alla democrazia è sottolineata da istanze di continuità e di rottura che sembrano riflettere le problematiche sulle iniziative politiche di quegli anni. La decisione ampiamente condivisa di avviare un processo di “defascistizzazione” del libro di testo sembra scontrarsi con le contraddizioni amministrative della ricostruzione: il proliferare di organi collegiali e commissioni di controllo sulla didattica ha come prima conseguenza l’emergere di «decisioni […] discordanti» (pag. 51), a cui si affianca la problematica di un analfabetismo ancora dilagante. I primi segnali di un cambiamento radicale dell’organizzazione scolastica e, conseguentemente, del mercato editoriale si avvertono tra gli anni Sessanta e Settanta. Il rapporto tra il mutato spazio sociale italiano e i cambiamenti della scuola è il piano di confronto di due spinte contrapposte: da un lato, l’aumento degli studenti, la nascita della scuola media unica e il ridursi del tasso di analfabetismo sembrano avviare un processo di crescita dell’editoria scolastica e di riflessione sulla necessità di un cambiamento della didattica; dall’altro, la contestazione studentesca rivolge la sua critica proprio alle risorse per l’insegnamento, come il libro di testo. Gli anni Settanta, tuttavia, sembrano realizzare l’incontro tra queste due istanze vettoriali, registrando la prima grande espansione del mercato della scolastica – che si configura come un nucleo in grado di rimediare con proposte innovative alla lentezza riformatrice della scuola italiana – e anticipando la grande transizione verso il cambiamento dei decenni successivi.

La nuova fase della scuola e dell’editoria italiana negli anni Ottanta e Novanta sembra essere segnata ancora una volta da un duplice asse di necessità: alla considerazione del libro di testo in tutta la sua complessità di oggetto culturale si affianca un’importante stagione di interventi legislativi che proseguirà fino agli anni Duemila, contraddistinti da proverbiali «dieci anni di riforme» (pag. 101). La cesura storica, qui considerata, è la nascita del “prodotto-libro”: uno strumento destinato a rispondere all’espansione dei fattori implicati nella didattica – fattori sociali, culturali, politici ed economici – attraverso la concentrazione minuta e riconoscibile del suo aspetto concreto. A sancire il fondamentale passaggio sarà un intervento di legittimazione: la qualità del libro di testo dovrà essere garantita da una certificazione ISO rispondente a standard internazionali, in virtù della scelta dell’Aie «di adattare le norme UNI EN ISO 9001 ai libri scolastici a partire dal 2001» (pag. 94).

Il dominio di interesse appare in questo modo ben delimitato e pronto ad accogliere il più recente fattore di cambiamento: il digitale. Mara Conti arricchisce, così, i parametri di confronto tra il panorama instabile di interventi politico-amministrativi e i riflessi sulla scuola e l’editoria. Nella proposta editoriale si riscoprono i tentativi di coniugare un susseguirsi quasi frenetico di normative con l’ormai mutata percezione dell’ambiente esterno e dell’insegnamento da parte delle nuove generazioni di studenti, attraverso una rivalutazione delle potenzialità metodologiche derivanti dall’integrazione consapevole tra cartaceo e multimediale.

Lo studio si chiude proprio su una riflessione, richiamata dalle due preziose interviste ad Anna Fresco di Pearson Italia e Marco Gatti di Edigeo – sguardi, quanto mai utili, di congiunzione tra il sotterraneo e il manifesto del settore – sull’immaginazione di un “futuro” per l’editoria scolastica che, da una parte, anticipi le normative, lente manifestazioni di una difficile resilienza, dall’altra, risponda contemporaneamente alle difficoltà e alle prospettive reali della scuola e dei suoi protagonisti.

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